Diario di blog
02/01/2015
Tutto ebbe inizio i primi giorni di Ottobre dell’anno scorso
quando il prof. Vittorio Marchis, docente del corso Storia delle cose, mi
assegnò l’aglio come oggetto di studio su cui creare un blog di studio e
analisi. “Garlic” in inglese, “ajo” in spagnolo fino a “hvìtlaukur” in
islandese… da semplici traduzioni della parola si è arrivati all’ impensabile, a
scoprire cose che mai io avrei creduto potessero esistere.
Certo, tantissime
volte ho sentito mia nonna di Napoli dire il proverbio “Agli e fravagli fattura
che non quagli…” o altre volte assaggiato ricette popolari a base d’aglio come
spaghetti alle vongole. Spesso e volentieri, essendo uno studente fuori sede,
ho provato anche a cucinare spaghetti aglio, olio e peperoncino. Mai, però,
avrei pensato che l’aglio fosse stato oggetto di miti e leggende, come nelle
mitiche avventure di Ulisse (ciò dovuto probabilmente alle sue proprietà terapeutiche), o di canzoni contemporanee di artisti sconosciuti. Di sicuro
essendo una pianta, non è stato complicato reperire dal web tavole botaniche o
opere d’arte raffiguranti l’aglio… ebbene sì perché anche artisti come Van Gogh
sono rimasti colpiti dalla figura dell’aglio e ne hanno voluto dare al mondo
una propria rappresentazione. Tendenza che è continuata fino ai giorni nostri
con l’aglio che “ricopre” copertine di cd musicali, film, poster e tanto altro
materiale della cultura pop.
Ma le stranezze non finisco qui. Infatti, un
giovedì di fine Novembre, mentre leggevo uno dei miei manga (fumetto
giapponese) preferiti, scopro che l’aglio, se pur con una rivisitazione
fantastica, è stato elemento chiave di un arco narrativo dell’opera
fumettistica. E in effetti come poteva essere altrimenti visto che l’aglio ha
origine dal centro dell’Asia e le principali coltivazioni si trovano in quelle
zone?
Nonostante la provenienza orientale, l’aglio nel corso della storia si è
diffuso in tutto il mondo e le località che lo producono sono svariate sia in
Italia, che in Spagna, U.S.A., Australia e così via. È quindi sbagliato pensare
che esista un solo tipo di aglio, quello più comune ovvero il bianco. A seconda
di dove si produce e del terreno in cui è coltivato l’aglio può assumere colori
differenti, dal rosa al rosso; la catalogazione è molto varia nonostante il
processo di produzione sia sempre lo stesso, partendo dall’ aratura, alla
semina, al controllo fino alla raccolta tramite macchinari appositi.
In fin dei conti l’aglio da oggetto da cucinare è diventato
un vaso di Pandora pieno di storie da raccontare che di sicuro non si
limiteranno solo al mio blog ma andranno anche oltre. Quindi, perché non
provare a raccontarne altre anche dopo la fine di questo corso?!
Ci vediamo al prossimo post!